Reddito di cittadinanza, pensioni mentre il Sud crolla
Un rapporto tra deficit e Pil al 2,4% per il 2019, 2020 e 2021. Così il Governo troverà il denaro necessario per finanziare alcuni tra le promesse elettorali annunciate in fase di campagne elettorale, secondo la nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza.
“Ci sono 10 miliardi per il reddito di cittadinanza e ci sarà anche la pensione di cittadinanza“, ha dichiarato il Ministro del Lavoro Luigi di Maio. Le “tasse saranno abbassate al 15% per più di un milione di lavoratori italiani e 400mila persone avranno diritto alla pensione superando la legge Fornero”, ha aggiunto il ministro dell’Interno Matteo Salvini.
Questa è la ricetta trovata per rilanciare l’economia italiana, inclusa quella del Sud. Esulando da qualsiasi connotazione politica SudLavoro ha sempre ritenuto e continua a considerare sbagliata una politica assistenzialistica che non rappresenta un segnale di crescita per il Meridione e per la nazione intera.
Pur riservandoci la possibilità di valutare l’operato una volta che le azioni di sostegno ai redditi saranno messe in pratica, non pensiamo che tra le misure suggerite il reddito di cittadinanza in primis sia un provvedimento utile.
Lo diciamo noi ma lo dicono anche i numeri che costituiscono il dato oggettivo da cui partire. Lo sostiene il “Regional Yearbook 2018” pubblicato da Eurostat che assegna al Sud Italia un triste primato di cui non si può certo andar fieri.
La Sicilia si conferma, anche nel 2017, maglia nera in Europa per numero di persone fra 18 e 24 anni che non studiano e non lavorano, i cosiddetti «neet». Se l’isola piange – 39,6% la sua percentuale – il resto del Mezzogiorno non ride: al secondo posto c’è infatti la Campania col dato del 38,6%.
Se tralasciamo l’Europa continentale ma consideriamo tutta l’UE fa peggio solo la Guyana francese con il 45,4%.
Va male, malissimo per il Sud che oltre a Sicilia e Campania fra le 11 regioni con il più alto tasso di «neet» vede incluse anche Puglia (36,4%) e Calabria (36%).
Immaginiamo allora uno scenario dove i nostri ragazzi, già apatici e privi di speranze, vedano all’orizzonte misure come il reddito di cittadinanza: una previsione l’anticipiamo noi – con la possibilità ed anzi la speranza di sbagliare – ovvero l’aumento del numero di giovani che illusi da un reddito o da opportunità di lavoro che cadano dall’alto decidano di mollare.
È quello di cui davvero non abbiamo bisogno ma è il pericolo che purtroppo vediamo più prossimo.