Che sia un buon anno di lavoro
«Ogni mattino, quando mi risveglio ancora sotto la cappa del cielo, sento che per me è Capodanno. Perciò odio questi Capodanni a scadenza fissa che fanno della vita e dello spirito umano un’azienda commerciale col suo bravo consuntivo, e il suo bilancio e il preventivo per la nuova gestione. Essi fanno perdere il senso della continuità della vita e dello spirito. Si finisce per credere sul serio che tra anno e anno ci sia una soluzione di continuità e che incominci una novella istoria, e si fanno propositi e ci si pente degli spropositi».
Cento anni fa esatti, così scriveva in un pezzo sicuramente più importante di quello che state leggendo Antonio Gramsci dalle colonne dell’”Avanti!” – edizione torinese, rubrica Sotto la Mole.
Cento anni dopo, vale la pena aprire con una simile citazione il nostro editoriale di inizio 2016. Siamo umani, terribilmente umani. Buoni propositi e speranze ci aiutano a guardare avanti e ad augurarci un futuro migliore del passato, un nuovo anno di lavoro.
Timidi segnali di ripresa. È la formula con cui è stato appena salutato il 2015 per l’economia del Sud Italia: Pil del Mezzogiorno che torna col segno positivo +0,2% secondo la stima di Confindustria e SRM (Centro Studi collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo) con prospettive di raggiungimento dell’1% in vista del nuovo anno.
E ancora crescita delle occupazioni – 290 mila assunzioni agevolate al Sud su un totale di 900 mila – e del fatturato delle grandi/medie imprese con conseguente calo del numero medio di procedure fallimentari in quasi tutte le regioni meridionali.
Tutto questo mentre dalla Legge di Stabilità arrivano nuovi crediti d’imposta per gli investimenti effettuati dalle imprese meridionali e l’estensione della decontribuzione alle assunzioni a tempo indeterminato.
Dati positivi ce ne sono, dato inconfutabile, ma non possono e non debbono trarre in inganno e delineare rosea una situazione ben lontana dall’esserlo. In Italia e nel Sud in particolare sarà ancora un anno duro, durissimo.
Non possiamo anticipare cosa succederà domani, ma sappiamo per certo che ci saranno tante altre saracinesche che verranno abbassate, lavoratori che si troveranno abbandonati a sé stessi. Sappiamo che questo 2016 appena aperto sarà funestato da incidenti sul lavoro, crisi, cadute, difficoltà e momenti di sconforto.
Né entusiasti né apocalittici, la certezza è che sarà necessario fare ancora tanti sacrifici e che il nuovo anno non ci sembrerà poi molto diverso da quello concluso. Sarà necessario (e doveroso) stringere i pugni e lottare, giorno dopo giorno. «Perciò odio il Capodanno. Voglio che ogni mattino sia per me un Capodanno».